LA QUESTIONE DEMANIALE nel MEZZOGIORNO



Lunga e spinosa era la questione della divisione delle terre demaniali nel Mezzogiorno.
Il Governo borbonico sin dal 1792 aveva promulgato un editto che, « sciogliendo ogni promiscuità di usi, e conservando il diritto dei coloni perpetui, dava a censo, con assoluta prelazione de' nullatenenti, i demani sia feudali, sia universali : un editto che, primo ed unico nel regolare la economia dei boschi poneva, argine a disordini secolari. Per intrigo de' baroni, ultima loro opposizione che ricordi la storia, quelle disposizioni non sortirono alcun utile effetto ».
Per la guerra del 1798 e per tutti i successivi avvenimenti, come la fuga del re Ferdinando IV in Sicilia, la monarchia borbonica non potè riprendere la questione, che nelle province al di qua dal Faro venne affrontat a dal governo del decennio francese con le successive leggi e decreti del 1° settembre 1806, dell'otto giugno 1807 e del 3 dicembre 1808 sulla divisione delle terre demaniali del regno.
Il Bonafede nella sua relazione non accenna per niente alla legge borbonica del 1792 e prende le mosse dalla legge di Re Gioacchino del 3 dicembre 1808.

Osservò più tardi un apostolo del risorgimento sociale del Mezzogiorno d'Italia , il barone Franchetti, che le modalità stabilite per la divisione dei terreni spettanti ai Comuni emanate dai governi del Regno d'Italia furono tali «che i quotisti, messi nell'impossibilità di vivere del prodotto del loro lavoro sulle loro quote, furono ineluttabilmente necessitati ad alienarle; e le loro condizioni economiche generali li costrinsero ad alienarle a persone più fortunate per prezzi derisoriamente bassi »
E Giustino Fortunato, nel citato studio, notava quanto poco si fosse avvantaggiata la ricchezza pubblica dal passaggio in mani private di considerevoli estensioni demaniali e che poco i piccoli appezzamenti, nonostante i divieti delle leggi, erano rimasti nelle mani dei piccoli concessionari : «Basti dire — notava nel 1879 — che il demanio di Atella è stato quasi tutto retrocesso al Comune, dopo soli vent'anni dalla sua quotizzazione, che del demanio di Barletta, diviso trent'anni addietro fra ottocento proletari, tre quarti almeno è posseduto oggi da grossi possidenti, e quello estesissimo di Eboli è servito a creare due o tre de' maggiori latifondisti della piana di Salerno ; basti dire che delle settemila duecentosessanta quote, ottenute dalle divisioni de' demani comunali della provincia di Teramo, non più che duemilacentosettantacinque sono tuttora intestate ai primi coloni ! Ogni giorno che Iddio manda, le quotizzazioni dileguano come nebbia al vento » .
Ed il Pranchetti notava nel 1876 che le quotizzazioni dove avvennero avevano recato tutto al più un lieve e momentaneo sollievo alla miseria dei contadini e lamentava che dopo sessanta anni di esperienza contraria costante si continuasse nel sud a fare le quotizzazioni in modo soltanto che servivano ad accrescere a troppo buon mercato le proprietà già grandi.
Questi studiosi parlavano in nome dell'esperienza. Avevano notato che le leggi sulla quotizzazione e le provvidenze per la quotizzazione dei demani del governo unitario d'Italia avevano il difetto di ripetere gli errori della vecchia legislazione del decennio.
A proposito della nuova legge del 1876 sulla Sila il Franchetti notava che « nel 1876 lo Stato italiano confermava una legge del 1806 che dal principio della sua applicazione in poi ha dimostrato aver effetto diametralmente opposto a quello che era destinato ad ottenere, una legge che intesa a scopo benefico si è verificata legge di spoliazione e senza rimedio ». Ma c'era stato già chi nel 1845 aveva notato i difetti delle disposizioni sui demani ed era stato proprio il Bonafede, il quale aveva notato negli articoli 14 e 31 del decreto 3 dicembre 1808 le disposizioni che offrirono « all'astuzia dei proprietari l'addentellato per rivolgere a loro profitto il vantaggio destinato alle masse »............

Estratto da "Archivio Storico per la Calabria e la Lucania" edito dall'Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno - Anno 1957

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