martedì 9 gennaio 2018

Domini collettivi, la nuova legge ignora i commissari privi di poteri effettivi di Fabrizio Cosentino - Commissario per gli usi civici della Calabria

Con una di quelle che una volta si sarebbero definite «leggine», il Parlamento ha avvertito l'esigenza di emanare nuove norme regolatrici della vasta materia sinora conosciuta (o piuttosto, disconosciuta) come «usi civici», cambiandone la dizione in «domini collettivi», senza abolire la legge fondamentale, che risale a un decreto legge del 1924.
Sembra questa l'unica vera novità della riforma, perché in realtà, tutto rimane come prima, al di là di enunciazioni di valore e di un'elencazione descrittiva della categoria dei beni collettivi. C'era bisogno di chiarimenti sul tema? Pare proprio di no.
La denominazione di usi civici era usata dal legislatore del Regno in maniera onnicomprensiva, intendendo unificare una serie di fenomeni assai diversi tra loro, in una chiara prospettiva di smembramento e parcellizzazione della proprietà indivisa, in aderenza al modello economico di proprietà individuale emerso nel corso dei due secoli precedenti.