sabato 25 maggio 2013

USI CIVICI - CONTRIBUTO 4: "IL FEUDO di SAN MARTINO" di Oreste Parise - Don Gregorio Sambiase, in qualità di procuratore del Marchese Giacomo Alimena, e di sua madre Donna Laura Sambiase prende possesso del feudo di San Martino, preceduto dalle grida dei banditori e accolto in tripudio con un solenne "Te Deum" nella Chiesa Matrice. Siamo nel 1792 ed il lungo cammino del feudalesimo sta per concludersi, con tutti i suoi soprusi ....

In Giustiniani Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, vol.VIII, Napoli 1804 si legge. “San Martino, terra di Calabria citeriore, in diocesi di Bisignano, distante da Cosenza miglia 20.  È in luogo montuoso, ove respirasi buon'aria. Gli abitanti al numero di 1100 sono di origine albanese, e tutti trovansi addetti alla coltura del territorio. Nel 1545 fu tassata per fuochi 69, del 1561 per 98, nel 1595 per 55, nel 1648 per 69, e nel 1669 per 60. Un tempo fu casale di Sammarco. Si possiede dalla famiglia Alimena con titolo di marchesato”. Il feudo era pervenuto agli Alimena dalla famiglia Rossi che l'aveva acquisito fin dall'anno 1502 per concessione del Principe di Bisignano, Bernardino Sanseverino, a Francesco Rossi “con tutte le giurisdizioni “a riserba solo della criminale, e delle prime, e seconde appellazioni”, che il concedente aveva ritenute per se.

sabato 18 maggio 2013

USI CIVICI - CONTRIBUTO per COMUNE di ROGLIANO - " 31 AGOSTO 1860, GARIBALDI ARRIVA a COSENZA. CRONACA DI UN'IMPRESA" di Francesca Canino


A Rogliano Garibaldi emanò i famosi Decreti con cui ridusse il prezzo del sale, indispensabile per conservare gli alimenti e di difficile reperimento; abolì la tassa sul macinato per le granaglie, ad eccezione del frumento. Deliberò soprattutto che gli abitanti poveri di Cosenza e dei Casali potessero esercitare gli usi civici di pascolo e semina gratuitamente nelle terre demaniali della Sila. Era questo il provvedimento tanto atteso dai contadini.
di FRANCESCA CANINO

“Chi mai degnamente narrar potrebbe l'ingresso del Dittatore in questa Città? Ci contenteremo perciò di pochi cenni e diremo soltanto che la nostra provincia non fu seconda a nessun'altra nel festeggiare l'arrivo dell'Uomo straordinario, il cui cammino non fu che un continuo trionfo. Da Rogliano a Cosenza percorse dieci miglia tra un popolo numeroso che da paesetti e villaggi era disceso sulla via per contemplare un istante l'aspetto del nostro Liberatore. Il giorno 31 agosto resterà nei nostri cuori perennemente scolpito quando verso un'ora di giorno, lo vedemmo giungere e come torrente sentimmo traboccarci la gioia d'ogni parte”. (Il Monitore Bruzio, Giornale Uffiziale della Calabria Citeriore, 1860).




martedì 14 maggio 2013

USI CIVICI - CONTRIBUTO 2: CROTONEI - "IL FEUDO di RIVIOTI" di Andrea Pesavento, pubblicato in Cotroneinforma n° 77/2003


Ancora oggi esiste in territorio di Cotronei la località Rivioti. Essa è situata vicino ai confini del comune di Petilia Policastro e si estende su alcune colline limitate da una parte dalle località Liffi e Piana di Mezzo Pantano e dall'altra dalla confluenza tra il fiume Tacina ed un suo affluente, il vallone Turvole. Per quanto riguarda l'origine del suo nome sembra derivare da un suo possessore. All'inizio del Trecento troviamo un certo Tancredus de Rivioto, "dominus pheudi dicti de Girardo", un feudo che faceva parte del tenimento di Mesoraca1.
Le gabelle del feudo
Le prime notizie sul feudo di Rivioti ce le fornisce il Mannarino nella sua "Cronica". Egli afferma che nel 1408 il re di Napoli Ladislao di Durazzo inviava un ordine al capitano delle terre di Policastro e Mesoraca, affinché intervenisse contro alcuni abitanti delle due terre che avevano illegittimamente occupato alcune parti del suo feudo di Rivioti e del feudatario Santo de Tirolis2.

venerdì 10 maggio 2013

USI CIVICI - CONTRIBUTO 1: MEZZOGIORNO - "QUESTIONE DEMANIALE nel REGNO di NAPOLI" Interessante RAPPORTO del 1845 del BONAFEDE sottintendente di Cotrone



Lunga e spinosa era la questione della divisione delle terre demaniali nel Mezzogiorno.
Il Governo borbonico sin dal 1792 aveva promulgato un editto che, « sciogliendo ogni promiscuità di usi, e conservando il diritto dei coloni perpetui, dava a censo, con assoluta prelazione de' nullatenenti, i demani sia feudali, sia universali : un editto che, primo ed unico nel regolare la economia dei boschi poneva, argine a disordini secolari. Per intrigo de' baroni, ultima loro opposizione che ricordi la storia, quelle disposizioni non sortirono alcun utile effetto ».
Per la guerra del 1798 e per tutti i successivi avvenimenti, come la fuga del re Ferdinando IV in Sicilia, la monarchia borbonica non potè riprendere la questione, che nelle province al di qua dal Faro venne affrontat a dal governo del decennio francese con le successive leggi e decreti del 1° settembre 1806, dell'otto giugno 1807 e del 3 dicembre 1808 sulla divisione delle terre demaniali del regno.
Il Bonafede nella sua relazione non accenna per niente alla legge borbonica del 1792 e prende le mosse dalla legge di Re Gioacchino del 3 dicembre 1808.